Storia di Maria Grazia
ANTEFATTO
Febbre, placche bianche in gola per giorni e giorni, finché mi capita in mano una piccola pubblicazione di medicina, dice che quando persiste il mal di gola, refrattario a qualunque tipo di antibiotico forse è… non la voglio nemmeno nominare questa malattia, non può essere vero, non può capitare a me, perché a me? Il mio dottore dice che non si devono leggere queste cose e chiude lì l’argomento. Lo chiudo anch’io, mi guardo la gola: si forse c’è qualche placca in meno, domani andrà meglio. Mattino, sera, sempre febbre e quelle innominabili sempre lì; mi sembra di essere dimagrita, non mi reggo in piedi, nemmeno il gelato riesco a mandar giù. Chiamo Giovanni, il mio amico medico, viene subito, mi guarda e mi dice che bisogna fare dei controlli: “Sei troppo pallida, non ti preoccupare non è nulla”. Arrivo al Pronto Soccorso: il medico di guardia, dopo aver visto gli esiti dell’esame del sangue, mi suggerisce un consulto ematologico all’ospedale di C.. Non so molto di medicina, ma quando sento Ematologia ho una fitta allo stomaco: sì ho capito, è capitato proprio a me.
Arrivo in Ospedale, un medico molto gentile, (quello che diventerà poi il mio preferito) mi fa un sacco di domande, e mi dice che l’indomani si farà la biopsia ossea. Tutta la notte penso alla diagnosi, leucemia, linfoma o qualche altro tipo di tumore. Non riesco a dormire, ho paura. Dopo la biopsia il dottore mi chiede se so quale può essere la diagnosi. Io farfuglio qualcosa, lui mi dice che si sospetta la leucemia. Intanto arriva il pranzo, arrosto con i piselli, mi siedo al tavolo e tra una lacrima e l’altra mando giù tutto. Ora so, so qual’ è la malattia che sta tentando di uccidermi. Nella mia testa passano mille pensieri su frasi già sentite: “di leucemia oggi si guarisce”, “la medicina ha fatto passi da gigante”, “il tale è guarito”, ecc… Il medico, quando la diagnosi è certa, "Leucemia Mieloide Acuta”, mi dice che, da parte mia devo stringere i denti, tirar fuori le unghie e che loro faranno tutto quello che è possibile per farmi guarire. Questo sì che è parlar chiaro! Mi è piaciuto quello che mi ha detto il dottor M.: l’ha detto con il cuore, l’ho percepito.
Mi spostano nella camera sterile per la terapia, ci dovrò stare per circa un mese. Ivan, un infermiere, mi consiglia di tagliarmi i capelli. Lo farà lui con il rasoio, in bagno, cantando l’aria dell’opera “Il barbiere di Siviglia”. Quando ha finito mi dice di guardarmi allo specchio, se voglio. Lo faccio… un momento, questo della rasatura, che non dimenticherò e anche Ivan sarà sempre nel mio cuore. Ma anche altre persone, nei giorni e mesi seguenti, hanno preso un posto nel mio cuore: quelle mani che stringevano le mie quando stavo male, quelle parole dei medici che mi incoraggiavano a resistere e a tenermi su. Intanto la mia stanza l’ho subito trasformata, ho appeso le cartoline della mia amata Provenza, la lavanda, i paesini colorati, l’orsetto viola profumato, gli acquerelli per dipingere, quando gli effetti collaterali della chemioterapia lo permettono. I problemi di casa e del lavoro dimenticati, devo pensare a me, solo a me. Stringere i denti, andare avanti, oggi non sono stata poi così male, domani sarà meglio.
Quando, per la terza volta mi rimettono il catetere venoso, racconto all’anestesista l’esperienza che sto vivendo, mi dice che le mie parole gli hanno illuminato la giornata. Perché, cosa ho detto? Che stavo vivendo da tempo cose che non mi piacevano, che avevo una visione del mondo terribile (quella che ti propinano ogni giorno i media), che non mi sentivo più, che lì in ospedale avevo ri-iniziato a vivere nonostante la malattia, che avevo incontrato persone splendide che mi curavano con amore, che mi sentivo finalmente viva nonostante fossi a un passo dalla morte. Avevo voglia di dire a tutti quello che mi stava succedendo, della gioia che avevo nel cuore, dell’amore che provavo per tutte le persone che mi sono state accanto, che mi hanno sostenuto, incoraggiato. Ma il meglio doveva ancora arrivare…Dopo 4 mesi di degenza in ospedale si parla di trapianto. Trapianto di midollo osseo da donatore non famigliare. Qualcuno che non conosco dovrebbe donarmi il suo midollo? Impensabile. Il dottor M. (sempre il mio preferito), mi dice che si farà la ricerca del donatore da un registro mondiale. Così vengo a sapere che esistono delle persone che hanno il midollo compatibile con il mio, sono anche fortunata. Finalmente mi comunicano che un donatore c’è, che devo partire per l’ospedale di G., che a marzo si farà il trapianto, che non è scevro da forti rischi per la vita, ma a questo punto si va avanti.
FATTO: Centro Trapianti Midollo Osseo di G.
1° giorno
Ingresso ospedale G. un po’ traumatico. Un infermiere in cinque minuti, o forse meno, mi ha elencato le norme di comportamento nel reparto, quelle igieniche in special modo, mi ha aperto la borsa e ha fatto una cernita di cosa potevo portare dentro: le creme no, i biscotti no, la radiolina no, il portatile si, ecc… Mamma mia, mi è venuta l’ansia! Ho telefonato subito a Marilena (che ha già fatto l’esperienza qui), per farmi spiegare come si lavano i denti… Iniziato subito le terapie e naturalmente l’antinausea: beh, si ricomincia la chemioterapia per la quinta volta. Almeno questa sarà l’ultima. La camera è piccola, quella di C. in confronto… una suite. Dalla finestra vedo un altro padiglione e il giardino sottostante, speravo nella vista mare ma non è andata così.
2° giorno
Dormicchiato, stanotte bufera di neve, gli infermieri sono simpatici, danno subito del tu, qui mi piace. Letto già un libro, sterilizzato a dovere, ed approvato stamattina dalla dott.ssa V.L. che l’ha analizzato per benino nel contenuto. Sembra divertente, mi ha detto; anche le musiche sono sottoposte ad analisi: De Andrè, (niente campanilismi!), è bandito, troppo triste. Mi sento bene, bella carica, fiduciosa che questa cosa andrà bene. Se penso al mio donatore mi sale un’onda di commozione: chissà dove vive, cosa fa, cosa sta pensando, come mi sta immaginando, sicuramente tiferà per me, per la mia guarigione. Mi sembra impossibile che una persona che non conosco possa far questo per me. La dottoressa S. mi ha sempre detto che io merito tutto questo, adesso comincio a pensare che sì forse è vero.
3° giorno
Dormito bene, ho un po’ di qualcosa che non so. Passata la dott. V.L., tutto bene. La mia camera è la prima del corridoio, nell’ora di visita vedo passare i parenti degli altri pazienti, da me nessuno. Comincio a sentire un po’ la solitudine… forza Grazia, siamo sempre soli e, se voglio vincere la battaglia, devo sbrogliarmela da me.
4° giorno
Maria Teresa verrà il giorno del trapianto, mi fa molto piacere avere qualcuno qui con me. Comunque lei c’è sempre nella mia vita quando ho bisogno. La giornata mi passa veloce, leggo, disegno, gioco con il PC. Mi arrivano messaggi dagli amici che mi confortano molto. Visita di un frate troppo simpatico, mi ha fatto coraggio dicendomi che tutti quelli che sono passati di qui sono guariti. Mangio con meno appetito, verso sera mi sento un po’ malinconica.
5° giorno
Iniziano i problemini, nausea, vomito, capogiri.
6° giorno
Buon risveglio no disturbi, l’infermiera che mi ha fatto i prelievi mi ha detto che qui guariscono tutti, che i medici sono molto bravi. Certo, dovrò sopportare le terapie, ma io ho già dimostrato di sapermi adattare ad ogni situazione, quindi devo solo proiettarmi nel risultato finale. Questa sera hanno iniziato una terapia con il siero di coniglio per distruggere i linfociti T che mi fa stare male.
8° giorno
Terapia ghiaccioli: 6 ghiaccioli uno dietro l’altro ho dovuto mangiare, non sentivo più la lingua… servono per anestetizzare la laringe e lo stomaco nel passaggio del chemioterapico. Fiorella, Carla, Michela, Penelope, Laura, Piera, Angelino, mi hanno telefonato. E’ venuta Elda con Giovanna, ma non le hanno lasciate entrare: le ho salutate dalla finestra. Oggi è venuta Alessandra, la ragazza che fa arte-terapia: molto carina, è di Boccadasse, come la fidanzata di Montalbano. Giovedì verrà anche la fisioterapista. Visita di V., entra in camera con piglio militaresco, legge su di una specie di lenzuolo di carta lunghissimo tutto annotato a mano gli esiti dei miei esami del sangue, poi fa sempre le lodi al reparto di Ematologia di C., al dottor M. a M., e io mi sento orgogliosa di essere stata curata da loro.
9° giorno
Dormito poco ma fatto un bel sogno, ero scesa su di una spiaggia bellissima da una scogliera molto alta con due coppie di ragazzi, io mi trovavo un po’ in disparte rispetto a loro, nel momento della risalita non ero in grado di arrampicarmi, avevo molta paura per cui uno dei ragazzi è tornato indietro mi ha preso per mano e mi ha portato in salvo. Secondo me questo sogno è bellissimo, molto significativo e di buon auspicio. Mi ha telefonato il dottor M. per salutarmi e farmi gli auguri: mi ha detto di stare serena poi abbiamo fatto un po’ di gossip sul primario, sulla V.L. e sulla sua preferita L. Come amo i medici di C.! Più tardi anche le infermiere Serena, Sandra, Vilma mi hanno chiamata per avere mie notizie. Come amo le infermiere di C.!
Giorno Zero
Ci siamo. Oggi è il giorno 0 perché di qui inizia la risalita. Mi hanno detto che il midollo arriverà nel tardo pomeriggio in quanto il mio donatore farà la donazione nella mattinata. Sono emozionata. Ho ricevuto una valanga di sms di auguri. Grazie a tutti. Alle 18 è entrata in camera la dott. V.L. raggiante con in mano la sacca contenente il midollo da trasfondermi. Entusiasta degli esami fatti sul midollo: molto ricco di cellule, splendido, attecchirà sicuramente, questi i suoi commenti. C’è Maria Teresa con me. Durerà parecchie ore la trasfusione, ogni tanto guardo la sacca colma che pesa circa due kg. Mi batte il cuore, non oso muovermi, adesso è tardi e mi sento molto stanca.
E dopo il giorno zero sono passati più di tre anni. Sto bene, l’altro ieri ho fatto il solito controllo a G. La dottoressa che mi segue non è in reparto: uffa, volevo vederla… Sono molto in ansia per i risultati delle analisi ma lei l’avrei rivista con piacere; certo il prelievo del midollo fatto da lei è un’altra cosa, la sua mano gentile e leggera è come la mano della mamma.
Maria Grazia
Storie di combattenti