Storia di Gianni
Mi chiamo Gianni e solo pochi giorni fa ho compiuto il mio 37mo compleanno. Cosa c’è di strano in questo? Nulla. Effettivamente ce ne sono stati tanti altri prima ma questo è stato diverso perché giunto quale culmine di quello che credo essere difatti stato l’anno più bello che la vita ha voluto fino ad ora regalarmi.
Quest’anno appena passato è stato un anno difficile, un anno emotivamente duro di crescita interiore, un anno passato a riscoprire la vita nelle sue emozioni e nei suoi molteplici colori, un anno che credo mi abbia arricchito come essere, un anno che mi ha reso uomo. Durante questi ultimi mesi ho imparato la durezza della vita e che nulla ci è promesso e nulla ci potrebbe essere dato, ho conosciuto la vera solidarietà ed ho imparato la parola altruismo.
Quale cambiamento in quel ragazzone sempre abbronzato, in quella stessa persona che solo pochi mesi prima rincorreva i fasti del “Moro di Venezia” giocando sulle onde, sicuro che la sua forza ed il suo vigore lo avrebbero tutelato da quegli oscuri “morbi” con cui gli altri e non lui dovranno fare i conti.
Era esattamente questo quello che pensava , quando li tra le onde , durante una di quelle manovre ripetute chissà quante volte qualcosa di strano rallentò la sua azione, qualcosa di indefinito che da quel momento avrebbe segnato il suo destino.
Era l’Ottobre del 1998, una delle tante regate che si tengono nello splendido golfo di Salerno, sbarcai a terra sicuro che quel malessere fosse dovuto al mare formato, ecco si un po’ di mal di mare , ma si quale marinaio non ne ha mai sofferto??. Bah !!! Sarà una cosa passeggera. Arriviamo a Novembre il problema persiste, mi sento debole una prima endoscopia gastrica non dice nulla di speciale, un po’di pillole e vedrai che tutto passa; ricordati che hai superato la Giraglia l’anno scorso quella si che è stata dura. Ma intanto i giorni passano, mi guardo allo specchio e comincio a vedermi diverso, stanco, intanto è qualche sera che andando a letto sento un caldo opprimente!. Debbo rinunciare al campionato invernale, proprio non ce la faccio, Antonio, il mio armatore è medico e mi consiglia di fare qualche esame. Arriva Natale , lo trascorro a letto, sono sempre più stanco, passa pure Capodanno che tristezza solo a casa e poi continuo a sudare ma che mi sta succedendo??. Su insistenza di Antonio faccio una serie di esami del sangue risultato: un’anemia pazzesca, tutto sballato non c’è un parametro giusto ma che mi sta succedendo?.
Sabato 16 gennaio 1999 una nuova ecografia esclude problemi gastrici, viene richiesto un immediato ricovero per il lunedì successivo. 20 Gennaio 1999, è un mercoledì, e chi se lo dimenticherà mai, mi accompagnano in sala ecografia sono sempre più stanco, le mie sudorazioni aumentano sempre di più, la febbre è altissima e non si riesce a tirarla giù, magari una ecografia all’addome potrà dire qualcosa. Leggo lo stupore negli occhi del medico, chiama i colleghi , poi il primario, io li steso sul lettino incredulo. Allora dottore che sta succedendo ? Che cavolo state guardando in quel monitor???. Si avvicina, mi prende la mano, e nel silenzio di quella piccola stanza in cui quello stesso strumento ogni giorno certifica la vita di chissà quanti piccoli nuovi embrioni umani a me, il ragazzone sempre abbronzato dai muscoli d’acciaio, a me invece toccava la diagnosi più terribile: cancro. Una palla di carne di 13 cm. di diametro spingeva nel mio addome, da quel momento tutto quello che ero stato, le mie passioni i miei sogni, le mie ambizioni tutto veniva annullato era appena iniziata la regata più importante della mia vita. Giusto qualche giorno per attendere i risultati della biopsia e per avere la conferma : Linfoma non HODGKIN. Leggo la disperazione nel volto dei miei genitori, sono distrutto, un giovane medico cerca di consolarmi e su di un foglio di carta scrive un nome ed un numero di telefono dell’Istituto per la ricerca e cura dei tumori di Milano; è a loro che sarà affidato il mio destino. Rimarrò in quell’ospedale fino a metà Maggio condividendo con tanti altri disgraziati, qualcuno meno fortunato di me, la dura esperienza della malattia e del dolore.
In quelle lunghe settimane ho tenuto un diario, pagine amare che ogni tanto rileggo per non dimenticare, non il dolore ma i volti di chi non c’è più, di quel bimbo incrociato di passaggio all’uscita dalla TAC, il sacrificio dei volontari e del personale medico e paramedico, infine per non dimenticare il coraggio dei padri e delle madri, delle mogli e dei mariti e ancora dei figli nel cercare di consolare i propri cari.
Quel male ”incurabile” forse è stato sconfitto, sono ritornato in barca li tra le onde, tra le prue che si incrociano e le urla concitate che precedono l’attimo della partenza, per chi non sa sono sempre lo stesso ragazzone abbronzato ma, quel ragazzone è cambiato dentro, ha imparato che la vita è bella anche se fa male, che non c’è futuro senza speranza, quella stessa speranza che ogni giorno rende questo male meno “incurabile”.
Storie di combattenti