Piume

    Il primo ricordo della malattia è un corridoio e una gonna ampia con un fiocco dietro.

    Trascinavo me, i miei folti ricci scuri e un trespolo con una sacca arancione brillante alla volta del bagno, chiedendomi perché ancora non avessi nausea.

    Ero vicina alla sala d’attesa perciò in quel momento mi chiesi se le persone sedute, vedendomi passare , mi avessero ritenuto una persona malata. Allo specchio non sembravo.
    Pure con la chemio attaccata al braccio.

    Il mio linfoma è stato questo: un piccolo pugile invisibile che qualche volta tirava qualche colpo e più spesso li subiva dalle terapie. Una guerra fantasma della quale ero solo terreno, lenta e portatrice di piccole terribili novità.

    Cinque anni fa, quando mi sono ammalata, ero probabilmente più vecchia di ora: più conscia, più razionale, più attenta ai lati negativi.

    Poi, quando le cose brutte diventano troppe si finisce per volgere lo sguardo verso piccoli pensieri felici: ricordo orecchini di legno fatti con mio padre, torte con mia madre e turbanti cuciti e mai indossati, persone affaccendate per farmi stare bene che oscuravano sguardi indiscreti di sconosciuti al mio passaggio.

    Ricordo molto affetto quando il mio corpo urlava per dolori indefiniti e si muoveva su passi incerti.

    Perché, in buona sostanza, la mente avanza sulle ossa e la carne.

    Ho fatto chemioterapia e radioterapia, e nessun intervento chirurgico. Pet e Tac a volontà e ho dato il nome ad ogni agocannula io abbia portato (per qualche ragione questa cosa me li faceva stare simpatici). 

    Dispensavo sorrisi ogni volta che andavo a fare terapia, perché era giusto sorridere a chi mi curava e a chi combatteva con me. 

    In quel periodo ho imparato a “sostituire”: un bagno al mare con un buon libro (tuffarsi con cvc può non essere una buona idea), un ballo con musica nelle cuffie, le merende al cioccolato con la macedonia di mia madre (“Ti fa bene!”), i capelli con dei foulard e dei turbanti. 

    Ho barattato i dolori con i sorrisi.  Ho imparato che l’attesa fa diventare bambini….. impazienti di vivere.

    Questa non è una storia. Sono solo pensieri sparsi di un ricordo che non sfumerà mai (credo). Non penso che un tumore possa essere una storia…. Al massimo un piccolo grande capitolo che può essere compreso solo dopo un po' di tempo. Il particolare che si è perso all’inizio della lettura e che costituisce la chiave per capire il racconto.

    Guardo oggi i miei ricci nuovi, la mia nuova vita, il mio non troppo nuovo agitarmi per inezie e ricordo la ragazza con il bordo della gonna tirato su che si guarda allo specchio cercando la malattia. E penso che la guarigione arrivi lentamente, e che non deve essere un tumore ad insegnare a vivere.

    Mi viene in mente che dovremmo essere come piume per gli altri… un linfoma che sparisce lascia spazio in un petto troppo pesante.

    E il cuore può forse gonfiarsi di più di speranza… spero in cuor mio di sorridere come feci quel giorno e mostrare cicatrici e segni a chi ha ferite ancora da chiudere, tendere due mani da ragazza guarita a chi le ha ancora doloranti, e donare leggerezza.

    Pina Frau

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