Mi chiamo Antonella e festeggio due compleanni
Mi chiamo Antonella e festeggio due compleanni: il 14 luglio (1962), quando sono nata e il 4 maggio (2015), quando ho messo la prima volta piede, anzi le stampelle, al Centro di Ematologia di Via Benevento a Roma.
La mia storia è lunga ma vale la pena arrivare alla fine perché insegna che anche quando tutto sembra finito, bisogna comunque continuare a sperare.
È il 9 gennaio del 2014, primo giorno di servizio presso la nuova sede del mio ufficio. Mi metto i tacchi per essere elegante, ma devo correre dietro alla navetta dell’ufficio perché rischio di perderla.
La notte seguente mi sveglio con un dolore lancinante alla gamba destra precisamente all’anca. Passano i giorni ma il dolore non passa. Il medico mi da una settimana di antidolorifici ed il dolore va via.
Mannaggia ai tacchi ed alla navetta!
A giugno i dolori riprendono, vado in vacanza lo stesso. Passeranno, penso, un po’ di sciatica a 52 anni ci può stare.
Ma non passano, soprattutto quando sono a letto, così al ritorno dalle vacanze vado da un ortopedico. Faccio una risonanza magnetica che indica che ho un edema all’acetabolo.
Fisioterapia, medicine varie e risonanza di controllo che effettuo a settembre. Dopo circa mezz’ora dalla fine dell’esame mi chiama il Radiologo e mi dice che l’anca sta molto male. Io dovrei partire dopo due giorni, mi dice che la mia condizione è molto grave e devo cercare immediatamente un ortopedico per far visionare gli esami.
Mi rivolgo ad un “luminare” dell’ortopedia che mi prescrive radiografie, TAC, scintigrafia ossea ed analisi del sangue e conclude con la diagnosi di “decalcificazione congenita all’anca”. La TAC parla di probabili metastasi ma il “luminare” le esclude e dato che a suo dire “sono psicologicamente provata” mi manda, per tranquillizzarmi, da un altro “luminare”, stavolta oncologo, il quale, esaminando tutti i referti, conclude dicendo che “sto meglio di lui” e mi consiglia di fare un viaggio per distrarmi.
Parto per una vacanza di pochi giorni ma è un calvario. Il dolore non mi lascia più, cammino a fatica ed a fatica dormo.
È gennaio 2015, ed è passato un anno dall’esordio del dolore, quando il mio ginecologo, vedendomi ancora zoppicare, mi consiglia un ortopedico oncologo per una visita, perché non è convinto che io sia una che si è fissata solo per un po’ di sciatica.
Trovo il primo appuntamento ad aprile. L’ortopedico vede tutti i referti e dice “è un tumore” e mi manda a fare una risonanza stavolta con il contrasto. Il medico della risonanza mi manda il giorno stesso in un ospedale specializzato in ortopedia oncologica dove mi prenotano la biopsia presso un ospedale di Modena.
Ormai non cammino più e non riesco a stare nemmeno seduta. L’ortopedico mi prospetta anche l’eventualità dell’amputazione della gamba destra e di una parte del bacino, per sperare di andare avanti.
Di fronte alle mie lacrime mi dice, poco convinto, “non faccia così, può darsi che abbia SOLO un Linfoma, così non dovrò amputarle la gamba”.
Dopo 21 giorni dal mio viaggio della speranza a Modena mi arriva il referto a casa: Linfoma non Hodgkin diffuso a grandi cellule B. Chiamo l’ortopedico che mi dice di rivolgermi ad un ematologo.
Mi prenotano, su mia richiesta, una visita al Policlinico Umberto I.
È il 4 maggio 2015 entro nell’ambulatorio di Ematologia preparata al peggio e chiedo solo di farmi tirare avanti un altro po’ perché mia figlia ha solo 17 anni, la vorrei vedere crescere ancora, anche senza una gamba.
Ormai deambulo poco e solo con le stampelle. Vengo assegnata al Gruppo N del Prof. Martelli.
Dopo la prima visita con una dottoressa esco dall’ambulatorio convinta di potercela fare. La gamba non dovrà essere amputata e pur avendo un tipo di Linfoma molto aggressivo ed ormai al IV stadio per la prima volta, dopo un anno e mezzo di sofferenza, sento che posso guarire e che la mia vita non è finita.
Capisco di essere ora nelle mani giuste, nelle migliori che mi potessero capitare.
Inizio la chemio. Dopo la prima terapia riprendo a camminare senza stampelle.
Alla TAC di metà terapia il Linfoma non si vede più.
Finisco la chemio e l’immunoterapia.
Poi 15 sedute di radioterapia al bacino e al controllo del 4 maggio 2016: remissione completa.
Ora faccio i controlli ogni tre mesi.
Dopo ogni controllo organizzo un viaggetto, orgogliosa delle mie DUE gambe.
Ogni mattina ringrazio Dio e penso con affetto a coloro che definisco “gli angeli di Via Benevento”. Mi riferisco ai medici che mi hanno curata ed ancora mi seguono, alla psicologa che mi ha sostenuta nel momento peggiore, a tutto il personale sanitario e non, agli splendidi volontari AIL.
Grazie a Dio sono viva e grazie a tutti loro riesco a ricordare l’esperienza con serenità.
Posso solo dire a chi sta lottando di non arrendersi, io, due anni fa, mi ero ormai rassegnata a morire. Sono ancora qua.
Non nego di aver paura ad ogni controllo trimestrale. Però mi faccio coraggio e penso che se mi hanno “rimessa in piedi” nel momento peggiore, se il Linfoma dovesse tornare mi cureranno nuovamente.
Ho fiducia in loro e soprattutto in Dio.
Antonella
Storie di combattenti