Da madre a madre
Salve, sono Federica, ho 32 anni e una storia incredibile da raccontarti. Sono una figlia la cui madre è stata salvata da un nobile essere umano e, allo stesso tempo, una donatrice che ha avuto l’onore di salvare una vita. È proprio così! Mia madre, affetta da un linfoma non Hodgkin, dopo essersi sottoposta a varie cure e aver effettuato un trapianto autologo di cellule staminali, ha dovuto ricorrere al trapianto di midollo osseo allogenico poiché la sua malattia era particolarmente aggressiva. Aveva solo 58 anni. Mia sorella ed io rischiavamo di perdere la persona che ci ha portato in grembo, quella che ci ama di più sulla faccia della terra, l’unica a cui poter rivolgere la parola “mamma”, le due sillabe contenenti tutti i buoni sentimenti di questo mondo.
La mia mamma, appunto, stava ricevendo delle infusioni che avrebbero portato la malattia in remissione e, nel frattempo, era stata aperta la ricerca del donatore. Tutto è andato perfettamente perché, verso la fine di tale ciclo terapeutico, spunta fuori colui che le avrebbe dato una seconda vita, anzi, una seconda chance in questa vita. Un uomo di 38 anni che una mattina si è recato in un ospedale della sua città e ha fatto un prelievo di cellule: queste hanno percorso centinaia di chilometri per arrivare fino alla mia mamma e rimetterla in piedi. Sì, è proprio così! Dopo tante terapie farmacologiche e non, solo la materia biologica di un altro essere umano ha potuto salvarla. Naturalmente tutto questo grazie alla medicina che è arrivata a dei traguardi che, per quanto straordinari, non possono essere tagliati senza le donazioni.
La scienza, oggi, può salvare tante persone ma solo con l’aiuto di altrettanti esseri umani. Questo è l’insegnamento che ho tratto da questa vicenda e che, con grande gioia, ho dovuto dimostrare ben presto di avere imparato. Mia madre si è sottoposta al trapianto nel maggio 2018 e si è salvata. Nell’agosto 2019 è stata presente al mio matrimonio; nelle foto sorride felice e io non potevo essere più grata a quel donatore che aveva permesso che il mio giorno più bello lo fosse davvero. Ma la storia non è finita qui e spero di non annoiarvi se aggiungo che nel dicembre 2019 ricevo una telefonata dall’ospedale in cui ero stata innumerevoli volte con così grandi pesi e paure nel cuore, ma, questa volta, per una cosa bella. C’era bisogno di me, del mio sangue, delle mie cellule staminali per salvare un’altra vita. Ricordo ancora quel giorno: è stato bellissimo!
Continuavo a dire: “Non è possibile che abbiano scelto proprio me! Sono così felice di poter restituire ciò che ci è stato donato e di poter risollevare le sorti di una famiglia così come è stato concesso alla mia!”. Sono andata in chiesa e ho pregato che, dopo i controlli preliminari, potessi essere veramente compatibile con chi aveva bisogno. Nel gennaio 2020 mi sono recata in ospedale per fare la mia donazione. Ero felicissima ma, allo stesso tempo, l’entrare in quel reparto ha risvegliato in me tanti ricordi, tante immagini dolorose, frangenti della lotta che mia madre aveva affrontato e in cui non avevo potuto piangere o urlare ma in cui avevo dovuto nascondere la mia disperazione nel vedere quel corpicino cambiare, in così poche ore. L’infermiera che mi accoglie si chiama Carmela, come mia madre.
Mi fa sistemare nella stanza numero 11, al letto 25. Mia madre è nata il 25 novembre. Non sono una che cerca i segni dovunque e comunque ma non ho potuto fare a meno di notare queste coincidenze. L’indomani mi viene fatto il prelievo, pochi minuti ed è fatta. Sono fuori! Non sento alcun fastidio, non ho fatto alcun sforzo eppure quel gesto, e chi più di me lo sapeva, voleva dire tutto per qualcun altro. Passa un anno e ricevo una lettera dall’ospedale. Sapevo che la destinataria aveva la mia stessa età. È proprio lei a scrivermi e a dirmi grazie per averle salvato la vita; ci tiene a farmi sapere che le mie cellule stanno funzionando alla grande e che ogni giorno che passa si sente meglio. Mi dice grazie per averle regalato un altro compleanno, grazie perché è un anno che non fa più chemio, né radio, grazie perché le ho regalato una seconda possibilità ma, soprattutto, grazie perché le ho permesso di vedere crescere i suoi figli!
Sì, è proprio così: sono stata chiamata a salvare una madre, proprio io che devo ringraziare qualcun altro per aver salvato la mia! Da una diagnosi così spaventosa che ha sconvolto enormemente le nostre esistenze, è risorta di nuovo la vita anzi una doppia vita!!! Oggi, infatti, stanno bene entrambe: la mia mamma e la mamma di quelle creature ed è questo il più straordinario lieto fine che ci sia. Per favore, a 18 anni, oltre a mettere da parte i soldi per la patente, metti da parte un po’ di tempo e vai a TIPIZZARTI. GRAZIE!
Federica
Storie di combattenti