Siamo esseri umani, avere paura fa parte di noi
Nel 2023 mi è stato diagnosticato il Linfoma di Hodgkin, III stadio B, massa bulky nel mediastino. Vorrei dire che sono stata una guerriera, che ho preso di petto la sfida e ho vissuto quest’esperienza con ragionevolezza e lucidità. In realtà nulla di questo è avvenuto: la malattia, le cure che mi hanno bastonata, hanno portato a galla tutta la mia emotività. Siamo esseri umani, avere paura fa parte del nostro modo di interpretare la vita quando è in pericolo, soprattutto quando l’ipotesi della morte non è poi tanto remota. Oggi proseguo i controlli, ho i capelli corti e il picc ancora attaccato al braccio per scaramanzia. Nulla di questo sarebbe stato possibile senza la ricerca che via via stringe le maglie ai tumori del sangue. C’è un domani in cui guarire da leucemie, linfomi e mielomi sarà veramente possibile. E, forse, sarà presto.
Mi chiamo Giulia, ho 39 anni e vengo dalla Sardegna. A maggio 2023 mi è stato diagnosticato il Linfoma di Hodgkin, III stadio B, massa bulky nel mediastino. Scoprire di avere un tumore non è stato semplice, prima di tutto perché i sintomi hanno portato fuori pista molti dei medici che mi hanno visitata: siamo partiti con la semplice infezione, poi la puntura di zecca, la tigna del gatto e infine l’hiv. Infine, dopo un pellegrinaggio durato giorni, l’ecografia al collo ha fatto precipitare gli eventi portandomi direttamente alla sala d’attesa del reparto di Ematologia. Al medico è bastato toccare i miei linfonodi per dirmi che avrei dovuto fare almeno 6 cicli di chemioterapia.
Vorrei dire che sono stata una guerriera, che ho preso di petto la sfida e ho vissuto quest’esperienza con ragionevolezza e lucidità. In realtà nulla di questo è avvenuto: la malattia, le cure che mi hanno bastonata, hanno portato a galla tutta la mia emotività. Spesso ho pensato di non farcela. Mi sono dovuta trasferire a casa dei miei che, al pari mio, sono stati travolti da qualcosa molto più grande di noi. Siamo esseri umani, avere paura fa parte del nostro modo di interpretare la vita quando è in pericolo, soprattutto quando l’ipotesi della morte non è poi tanto remota.
Ho conosciuto l’AIL per bene quando sono andata a Bologna con mia sorella per richiedere un consulto al Policlinico Sant’Orsola. Siamo arrivate in città alle 10 del mattino e l’appuntamento con il Prof. era alle 17.00: esauste abbiamo provato a cercare un hotel ma i prezzi erano davvero improponibili. Quindi abbiamo chiamato casa AIL, ci hanno detto di andare da loro e hanno messo a nostra disposizione un salottino dove abbiamo potuto riposare. Io questo non lo dimenticherò mai. A dicembre, poco prima che finissero le cure, ho partecipato all’iniziativa delle vendite delle stelle di Natale. Ne ho venduto un centinaio tra amici e familiari. Oggi sto smistando le uova di Pasqua, ne ho venduto un po’ meno rispetto a Natale, ma siamo sulla settantina.
Nel corridoio di casa mia mi vedo riempire le buste di carta con le uova. Spero che chi mi ama o semplicemente chi mi conosce e le compra abbia capito perché lo faccio. Oggi ho i capelli corti e il picc ancora attaccato al braccio per scaramanzia, come dicono i medici. Ho terminato la chemioterapia a dicembre, la strada dei controlli è ancora lunga ma, mi auguro, meno in salita rispetto a quella già percorsa. Nulla di questo sarebbe stato possibile senza la ricerca che via via stringe le maglie ai tumori del sangue. C’è un domani in cui guarire da leucemie, linfomi e mielomi sarà veramente possibile. E, forse, sarà presto.
Giulia
Storie di combattenti