La storia di Lavinia
Mia figlia Lavinia nel settembre del 2009, non ha ancora 22 anni, li farà il 24 dicembre. E’ una bellissima ragazza che va all’università dopo aver fatto il liceo classico. Ha scelto di fare scienze infermieristiche che frequenta con un ottimo profitto, impegnandosi sia negli studi sia nei diversi tirocini che la sua laurea prevede.
A dicembre del 2008 ci racconta di un suo malessere per le cose che vede nella sua pratica clinica, mostrando dei dubbi sulla volontà di poter fare quel lavoro; molti operatori le sembrano insensibili e lei non si spiega perché non siano capaci di trovare nella relazione con i malati una ‘giusta’ distanza’ che li protegga ma che, nello stesso tempo, faccia sentire i malati accuditi e compresi.
Esprime un forte rammarico anche piangendo e noi pensiamo a rassicurarla dicendole che il tempo l’aiuterà a capire cosa vorrà fare veramente nella sua vita.
All’inizio del 2009, durante uno dei suoi tirocini presso l’Ospedale S. Eugenio di Roma mi capita di andarla a prendere come tante altre volte, la trovo con i suoi occhi stupendi pieni di lacrime, mi dice con voce addolorata, che quel giorno è molto triste perché è rientrato un ragazzo che si pensava avesse sconfitto la leucemia ed invece quella era tornata peggio di prima … e questo l’aveva molto angosciata.
In primavera dello stesso anno Lavinia comincia ad avere una tosse molto fastidiosa, lamenta un dolore al petto il giorno dopo il terremoto all’Aquila, pensiamo che sia un po’ di tensione legata al dispiacere per l’accaduto perché tutta la nostra famiglia è molto legata ai luoghi e alle persone colpite dal terremoto; poi le analisi sempre un po’ sballate e quindi il medico che prescrive il ferro, ma nulla migliora.
A giugno 2009, dietro le mie insistenze, fa una lastra ai polmoni ma nessuno rileva nulla… e la tosse continua, poi finalmente una lastra ad agosto fatta nell’ospedale dove lavora la zia ci mette in guardia e si comincia a parlare di tac.
Finalmente il 3 settembre, arriviamo, alla Prof.ssa M. Cantonetti del Policlinico Tor Vergata di Roma che diagnostica un linfoma di Hodgkin.
Dopo l’intervento per la rimozione dei linfonodi, inizia la chemio fino a marzo del 2010; controlli su controlli, tac, tac-pet, emocromo tutte le settimane fino ad arrivare ad una tac- pet che, nell’autunno, ci segnala, di nuovo, qualcosa di anomalo.
Grande paura, mesi di esami medici e di approfondimento per capire cosa non va, ma anche se la vita continua con il fiato sospeso, a marzo del 2011 ci dicono, il 30 per l’esattezza, che è tutto a posto e che è veramente guarita.
Intanto Lavinia il 24 marzo si è laureata, con ottimi voti, come dr.ssa in Infermieristica, preparandosi con grande impegno e inizialmente con grande scetticismo, della serie tanto a che servirà? Cambia addirittura la tesi e sceglie di farla sulla donazione del midollo osseo …
Andiamo avanti tra contentezza e paura che qualcosa possa di nuovo accadere, ma facciamo di tutto per tornare alla normalità, la normalità di una vita di una ragazza di 24 anni. Tanto vogliamo tornare alla normalità che a giugno del 2011 Lavinia, insieme alla sorella, alla zia del cuore, allo zio, organizza una festa a sorpresa per i nostri 25 anni di matrimonio.
Così tra le sue paure di illudersi e la sua infinita voglia di vivere ci dice che vorrà iscriversi, di nuovo, all’università, per prendere la laurea in tecnico della neuro psicomotricità, per lavorare con i bambini che lei ha sempre adorato.
Nell’autunno del 2011 riesce ad andare con la sorella Alice, ed altri amici a fare un piccolo viaggio a Londra e dalle foto si intuisce la sua felicità per aver fatto una ‘normale’ gita come tanti altri ragazzi della sua età.
Intanto continuano sempre i controlli in day -hospital; fino a gennaio 2012 tutto bene … poi un giorno Lavi mi dice, con il sorriso, di non preoccuparmi subito, ma che c’è qualcosa sul collo che si è ingrossato … è un linfonodo …
Durante la notte del primo ricovero, ci cominciano a dare elementi per la diagnosi ed io continuo a dire che le mie ragazze hanno il biglietto per andare insieme a Parigi, è il loro regalo di Natale, e chiedo se faranno in tempo a partire visto che mancano ancora dieci giorni. Non afferro completamente le parole ma ricordo benissimo che noi tre, io il papà e la sorella, eravamo seduti e le tre dottoresse in piedi davanti a noi, con l’aria costernata di chi con dolore deve comunicarti una notizia che ti cambierà completamente la vita.
E allora ad un certo punto siamo costretti ad ascoltare che il destino ha deciso che a Lavinia, ‘guarita’ da un linfoma, venisse una Leucemia Mieloide Acuta, leucemia secondaria alle cure !!!, cioè causata dalle cure chemioterapiche fatte per fronteggiare il linfoma.
Ci dicono che sono pochi i casi in cui si verifica questo infausto passaggio e tra questi pochi casi c’è lei … piano piano cominciamo a capire cosa significa una diagnosi di questo tipo.
Ci viene infatti comunicato che SOLO il trapianto può dare speranza di guarigione perché le cure chemioterapiche da sole nulla possono ottenere, se non poter preparare al trapianto.
Purtroppo anche su questo il destino ci viene contro perché il donatore compatibile al 100%, estraneo alla famiglia non si trova, la sorella risulta compatibile solo al 50%, noi genitori pure, ed io, che come mamma sarei la scelta elettiva, non posso donare perché nel corso dello screening che si fa per valutare la salute del donatore, si osserva un problema che, attraverso esami clinici e un piccolo intervento, conferma il mio non essere idonea alla donazione.
Quindi l’unica chance è il padre.
A casa si riesce anche un po’ a scherzare sul fatto che lei si prenderà tutti i difetti nonché i pregi del padre, anche se già da ora sono molto simili e questo già un po’ ci preoccupa … !!!
Poi scherziamo dicendoci che a casa non avremo più scampo …
Ed ecco il secondo ricovero nel quale Lavi deve affrontare un altro ciclo di chemio necessario al ‘consolidamento’; quando esce è contenta ma tanto stanca, felice di tornare a casa sua … comincia l’attesa per il trapianto, aspettiamo con ansia di essere chiamati però il tempo passa e nessuno ci telefona, Lavinia ‘scalpita’ perché ha voglia di tornare ai suoi amici, alle sue passeggiate, alle sue ripetizioni, ai suoi pranzetti con i nonni, alle sue infinite condivisioni-discussioni con la sua adorata sorella Alice e pensa che finché non si farà sto’ benedetto trapianto tutto questo non sarà possibile; fino a quando, nel corso dell’ennesimo controllo in day – hospital, dopo la metà di luglio ci dicono, di nuovo, con l’aria costernata che abbiamo ormai imparato a decodificare, che c’è una recidiva e che quindi è necessario un altro ricovero lungo più o meno come il primo, con la speranza che le cure vadano bene, cioè ci garantiscano la remissione, come la prima volta.
A fine luglio invece di andarsene al mare o nella sua amata casa in montagna,entra di nuovo in ospedale permettendoci di non impazzire aiutandoci a tollerare questo ennesimo distacco con continui sms e rassicurazioni, proteggendoci come ha fatto fino alla fine.
Il 13 settembre arriva quello che tutti speriamo diventi il suo secondo compleanno, le viene trasfuso il midollo del suo papà che felice si è sottoposto all’intervento di espianto.
Sembra che tutto proceda per il meglio e già si pensa alla dimissione e Lavinia un giorno di ottobre mi guarda con uno sguardo complice ed emozionato e mi dice di stare tranquilla, che non mi devo agitare e non devo fare una delle mie solite scene, ma che il dottore le ha parlato di uscita a breve, e mentre lo dice io vedo i suoi occhi brillare di gioia inespressa, di gioia impaurita ed ingabbiata dal timore che possa non essere vero come infatti sarà … perché a metà ottobre arrivano quelle che tecnicamente i medici chiamano COMPLICANZE.
Lavinia comincia a manifestare i segni di quella che sapremo chiamarsi GRAFT e cioè reazione all’ospite.
Il suo corpo bello, forte, vigoroso, distrutto da cicli di chemio, invaso da quantità enormi di antibiotici, antifunginei, antistaminici, immunosoppressori, antidolorifici, morfina per i suoi dolori lancinanti alle ginocchia, stremato dalle fotoferesi con le quali si tentava di ‘purificare’ il suo sangue aggredito dalla graft, affaticato dalle continue trasfusioni … l’ha tradita anche se lei ha lottato fino all’ultimo secondo proteggendo tutta la sua famiglia fino alla fine.
Si è fatta amare da tutti coloro che, in ospedale, l’hanno conosciuta e poi frequentata per ovvi motivi terapeutici. Ho visto dottoresse piangere, ho consolato infermieri con gli occhi gonfi di lacrime che mi hanno descritto Lavinia come una persona eccezionale, che ha insegnato tanto a tutti loro. Mi hanno restituito delle immagini di mia figlia meravigliose, parlandomi della sua dolcezza, del suo profondo rispetto, della sua educazione e attenzione per l’altro. Della sua sottile ed intelligente ironia, capace di farle inquadrare tanti eventi con leggerezza e quasi divertimento.
Alcune dottoresse ci hanno detto che siamo una famiglia splendida, che abbiamo lottato con discrezione, dignità e tenacia, che siamo stati sempre presenti nel supportare Lavinia; che il nostro modo di fare è stato fondamentale nel loro lavoro con Lavinia e ha permesso loro di sopportare il dolore della perdita.
In tanti hanno ribadito di aver imparato moltissimo da lei che, con il suo comportamento discreto, ma estremamente volitivo ha ben rappresentato il valore che andrebbe dato alla vita e l’importanza della speranza che non ci dovrebbe mai abbandonare …
La sua Mamma, il Papà e Alice
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