Storia di una famiglia
Essere giovani e avere tanti progetti. Poi un giorno tuo marito viene riportato a casa dai colleghi: non si regge in piedi.
Labirintite - dice il medico di famiglia.
Passerà - penso io.
Ma non passa, il colore del suo viso è più scuro. Le analisi del sangue, il primo salasso, la biopsia osteomidollare. La sentenza: policitemia vera. Il disorientamento, due figli piccoli, il più grande, 8 anni, ci rincuora: “Papà meglio la policitemia vera che la policitemia secondaria, sai se dipende da un tumore al fegato, hai pochi mesi di vita.” Dove lo avrà letto? Internet? L'enciclopedia medica? Così piccolo, così grande.
Inizia la NOSTRA malattia, perché la malattia non è del singolo, della persona, ma della famiglia che cambia la sua storia. In peggio? Non saprei dirlo, perché la vita non é fatta solo di durata, di lunghezza, ma anche di profondità. E quando stai male cominci ad apprezzare ogni aspetto, ogni piccola cosa, ogni “essenziale che è invisibile agli occhi”. Ti accorgi che la vita è tridimensionale: tu, gli altri, la consapevolezza di esserCI. “La vita è adesso”, cantava Baglioni, il latino “carpe diem” nel suo significato autentico che non significa stordimento, ma apprezzamento.
Per tornare alla cronaca, non più vacanze ed è già difficile andare a fare una passeggiata perché il tuo giovane marito sviene, e tu hai due figli piccoli e devi cercare di rimetterlo in piedi per tornare a casa. Il dosaggio dell'onco (diminutivo che sottolinea una familiarità) è troppo alto, troppo basso. Il Prof che ci segue ci insegna a capire, a diventare i medici di noi stessi. Analisi, salassi, ma siamo vivi e stiamo insieme!!!
E nonostante il terremoto di quell'anno, non ci siamo fatti mancare nulla, andiamo avanti, giorno dopo giorno, mese dopo mese. Riusciamo anche a non pensarci più tanto, facciamo anche vacanze all'estero. Io ansiosissima, così carica di medicine, che ogni volta che vado in aeroporto vengo perquisita.
Passano gli anni, la nostra policitemia ci accompagna, poi un giorno ci lascia in mano alla sua collega: la mielofibrosi. Ci contano le dimensioni della milza, in una città del Nord ci contano anche gli anni di vita, ci dicono di “procurarci” un farmaco ad uso compassionevole. Poi a Firenze ci propongono un farmaco ad uso “PERSONALE”. E' la svolta, non siamo più soli, la Dottoressa Paola, il Prof. Alessandro ci ridanno la vita, ci ridanno la speranza, perché la vita è speranza, speranza nel futuro, perché il presente senza passato e senza futuro non esiste. Non esiste una vita senza sogni, senza il sogno dei figli che crescono e di un tu ed un io che invecchiano insieme.
E così andiamo avanti, il nostro vescovo dice che “il Signore dà la luce necessaria per il passo successivo”. E la luce, oltre alla nostra fede, è anche la solidarietà e la solidità della nostra famiglia, che non si tira indietro, la vicinanza dei compagni di viaggio che condividono con noi le paure, le speranze, la fiducia nella ricerca scientifica, la disponibilità di tanti medici che studiano per te e che un giorno hanno usato un aggettivo. La bellezza salverà il mondo, ma anche una semplice parola salva la vita.
E noi ci siamo qui, siamo vivi e domani è un altro giorno, sicuramente migliore!!!
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