La storia di Veronica

    Era uno dei primi giorni di novembre del 2021 e il mio compagno, Emiliano, aveva appena fatto dei controlli, esami di routine consigliati dal medico di base. Aspettavamo i risultati dopo una settimana ma dopo quattro ore il laboratorio ha chiamato il nostro medico consigliando di ripetere le analisi nell’ospedale più vicino, con urgenza. 

    La storia di Veronica

    Io ero a lavoro ed Emiliano è partito per Orbetello con sua mamma. C’era però qualcosa che non mi tornava e cercando di informarmi, anche sulle lastre che avevano richiesto, tra un discorso e l’altro, sento Emiliano pronunciare una parola: leucemia.

    Il tempo si è improvvisamente fermato e la distanza che mi separava da quell’ospedale, 20 chilometri appena, mi è sembrata la più grande della mia vita. Non riuscivo a capire, Emiliano si allenava 4 o 5 volte a settimana, seguendo un’ alimentazione sana e controllata, sembrava impossibile che potesse stare male. Invece aveva i globuli bianchi altissimi e la dottoressa continuava a ripetere quella parola, che suonava come sentenza, che andava confermata con un prelievo del midollo da fare a Siena, in ospedale, il giorno successivo.

    Ricordo ancora quella notte. Avevo accanto l’amore della mia vita, con cui ho condiviso gli ultimi 11 anni, e lo vedevo come se fosse fatto di cristallo, come se potesse rompersi da un momento all’altro. Quella parola, leucemia, mi girava in testa e non so come abbia fatto a trattenermi dal cercare notizie online. Cosa significava? Quanto potrà vivere? Ci aspettano chemioterapie, un trapianto, che dobbiamo fare? Lui era stranamente centrato e tranquillo in quel momento. Mi ha detto poi che quella sera era pronto a tutto, voleva lottare con tutte le sue forze.  A ripensarci sembra un film: io ero sul punto di partire per l'America per tre settimane e invece mi ritrovavo a gestire un ricovero d’urgenza perché Emiliano rischiava un infarto o un ictus. Ma è qui che la trama inizia a cambiare direzione, in maniera inaspettata. Grazie alla ricerca e grazie ad AIL. 

    Nell’ospedale dove eravamo ricoverati, a Siena, è possibile fare un test che nel giro 3 ore e con un margine di errore bassissimo può diagnosticare il tipo di leucemia dal quale è affetto un paziente.  Cosa significa? È un test che può fare la differenza tra 10 giorni rinchiusi in ospedale senza sapere che malattia si combatte e l’avere una linea di intervento immediata, che in molti casi può salvare la vita. E dopo tre ore abbiamo saputo che avevamo a che fare con una Leucemia Mieloide Cronica.

    I dottori ci hanno spiegato che fino a 15 anni fa la prognosi per questo tumore non era favorevole ma oggi, grazie a farmaci che bloccano il proliferare di una proteina anomala responsabile della malattia, il 95% pazienti con LMC ha un’aspettativa di vita pari a quella di una persona sana della stessa età. Senza chemioterapia. Non potevo crederci: siamo entrati accompagnati da una parola che suona per tutti come una sentenza, aspettandoci un percorso faticoso e doloroso, lungo anni, dall’esito incerto. Invece siamo usciti dopo 4 giorni, il tempo di stabilizzare i valori di Emiliano, con una vita davanti e delle pillole in mano.

    Non posso spiegare a parole quello che ho sentito, la gratitudine, la gioia, lo stupore sincero di fronte a quello che per alcune malattie oggi si riesce a fare, grazie alla ricerca. So che siamo stati incredibilmente fortunati e che in questa trama inaspettata un po’ AIL c’entra. Dopo le dimissioni di Emiliano ho infatti saputo che i tecnici in grado di fare quel test, quello che ha contribuito a salvargli la vita, possono lavorare grazie a borse di studio finanziate dall’Associazione. Non solo. Uno di questi giovani medici ha potuto fare un’esperienza a New York, crescere professionalmente e imparare nuove metodiche perché AIL ha finanziato le sue ricerche.

    Oggi siamo seguiti con assiduità, sicuramente la malattia va tenuta sotto controllo e il percorso non è libero da dubbi, domande e dagli effetti collaterali delle medicine che Emiliano deve assumere. La Lmc è una malattia cronica, con tutto quello che questo termine comporta, ma da quel novembre dentro di me è nato un senso di gratitudine immenso, per i medici, per gli infermieri, per AIL. E per la Ricerca. Sette lettere appena dietro le quali ci sono tante vite come quella di Emiliano, che rischiava di spezzarsi a 44 anni e che abbiamo invece avuto indietro, come un regalo per il quale non smetterò mai di dire grazie.

    Veronica

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