Linfoma non Hodgkin indolente: un’esperienza dal Regno Unito
Un recente studio retrospettivo multicentrico osservazionale inglese, pubblicato sulla rivista Blood Advances, ha analizzato gli effetti collaterali del chemioterapico bendamustina nella pratica clinica. Lo studio ha arruolato 323 pazienti con linfoma indolente (sia di nuova diagnosi, sia recidivato/refrattario). Scopri di più.
Un recente studio retrospettivo multicentrico osservazionale inglese, pubblicato sulla rivista Blood Advances, ha analizzato gli effetti collaterali del chemioterapico bendamustina nella pratica clinica. La bendamustina, infatti, è uno dei farmaci classicamente utilizzati nel trattamento dei linfomi indolenti ed è caratterizzato da una buona efficacia sulla malattia, ma è gravato da un’importante tossicità, soprattutto dal punto di vista infettivo.
Lo studio ha arruolato 323 pazienti con linfoma indolente (sia di nuova diagnosi, sia recidivato/refrattario) che hanno ricevuto almeno una dose di bendamustina come trattamento per la malattia ematologica, associata o meno all’anticorpo anti-CD20 Rituximab in induzione e mantenimento. L’età mediana nello studio era 65 anni (range 20-92) e il follow up mediano di 3 anni.
Che cosa dicono i dati inglesi
Dei 323 pazienti, 70 (22%) hanno presentato effetti collaterali severi (grado 3-5) correlati al trattamento, soprattutto nella fase di induzione (63%) e dovuti in circa il 50% dei casi a infezioni. Tuttavia, il più alto rischio relativo di infezione è stato riscontrato nella fase di mantenimento con Rituximab (54%), quindi a distanza dalla somministrazione del chemioterapico. Le infezioni, soprattutto delle vie respiratorie e urinarie, sono insorte nella maggior parte dei casi in pazienti non neutropenici. Il 13% dei pazienti ha inoltre dovuto sospendere definitivamente il trattamento e solo 5 pazienti sono deceduti per infezioni correlate alla bendamustina. Questi dati derivati da un contesto di “real-world” sono risultati simili a quelli descritti nei trial clinici.
Gli effetti collaterali sono stati osservati soprattutto nei pazienti maggiormente immunodepressi e in quelli più fragili con un performance status ridotto.
Lo studio, condotto nel contesto della corrente pratica clinica, conferma che, nei pazienti sottoposti a bendamustina è necessaria una stretta sorveglianza infettivologica sia nelle fasi di induzione che di mantenimento, in quanto le infezioni, comprese quelle opportunistiche, sono risultate frequenti anche a lungo termine e a distanza dal termine della bendamustina.
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