Leucemia linfoblastica acuta Philadelphia-positiva: i risultati di nuova combinazione di farmaci

La leucemia linfoblastica acuta (LAL) Philadelphia-positiva e la crisi blastica linfoide della leucemia mieloide cronica (LMC) rappresentano forme aggressive di leucemia caratterizzate dalla persistente attività del gene di fusione BCR::ABL1 derivato dal cromosoma Philadelphia, specifico marker citogenetico di tali Leucemie. Scopri lo studio pubblicato su The Blood che rappresenta una promettente strategia terapeutica.

Leucemia Linfoblastica Philadelfia positiva

La disponibilità già da molti anni  di inibitori della tirosin-chinasi ( TKIs) di prima generazione (Imatinib,) seconda ( Dasatinib e Nilotinib ) e terza (Ponatinib) ha migliorato notevolmente la prognosi della Leucemia linfoblastica acuta Philadelphia-positiva; purtroppo però l’insorgenza nel tempo di resistenze a queste  terapie rimane a tutt’oggi un problema importante, resistenza dovuta soprattutto alla comparsa di alcune mutazioni e/o altre alterazioni citogenetiche che riducono l’efficacia degli inibitori della tirosin-chinasi convenzionali. La ricerca farmacologica ha da qualche anno portato alla disponibilità di un Inibitore allosterico di BCR::ABL1, nuovo per struttura e per tipo di legame denominato Asciminib , oggi approvato per la LMC  resistente ai TKIs sopraindicati ed esplorato.

Lo studio

Uno studio statunitense di fase 1 pubblicato sulla rivista Blood ha valutato la sicurezza e l’efficacia della combinazione di Asciminib con Dasatinib e Prednisone nei pazienti con leucemia linfoblastica acuta Philadelphia-positiva e crisi blastica linfoide della leucemia mieloide cronica. Nello studio sono stati arruolati 25 pazienti di età mediana 64 anni, in maggioranza con una nuova diagnosi di leucemia linfoblastica acuta Philadelphia-positiva. Due pazienti presentavano leucemia mieloide cronica in fase blastica. La terapia combinava asciminib in dosi crescenti (40, 80 o 160 mg), dasatinib 140 mg al giorno e prednisone a dosaggio decrescente. Dopo la fase a dosi incrementali, la dose raccomandata è stata stabilita in asciminib 80 mg al giorno.

Tutti i pazienti con leucemia linfoblastica acuta Philadelphia-positiva hanno ottenuto una remissione ematologica e citogenetica completa. Il 74% ha raggiunto una risposta molecolare profonda con livelli di BCR::ABL1 inferiori allo 0,1% dopo tre cicli. La malattia minima residua è risultata negativa nell’83% dei pazienti già entro i primi due cicli. La maggioranza dei pazienti ha mantenuto risposte durature senza necessità immediata di trapianto di midollo, mentre alcuni hanno comunque proseguito con consolidamento tramite trapianto allogenico. Gli eventi avversi più rilevanti sono stati aumenti asintomatici di amilasi e lipasi, senza casi clinici di pancreatite. Le pleuriti da dasatinib si sono verificate in alcuni pazienti, gestite efficacemente con riduzione della dose. Non si sono osservate tossicità gravi o decessi legati alla terapia. Nei pazienti con crisi blastica linfoide della leucemia mieloide cronica la risposta è stata meno duratura: entrambi i pazienti hanno avuto una progressione entro un anno. In nessun caso si sono sviluppate mutazioni di resistenza note ad asciminib. A due anni dall’inizio del trattamento, la sopravvivenza globale era del 75%, mentre la sopravvivenza libera da eventi era del 71%.

Conclusione

L’associazione di asciminib e dasatinib con prednisone rappresenta una promettente strategia terapeutica sia per efficacia che per sicurezza, capace di indurre remissioni profonde nei pazienti con leucemia linfoblastica acuta Philadelphia-positiva resistente, anche nei soggetti più anziani o fragili e che non possono tollerare Chemioterapie e/o Ponatinib. La tollerabilità del trattamento è risultata eccellente, senza tossicità gravi o decessi correlati. I risultati suggeriscono che il duplice meccanismo di inibizione di BCR::ABL1 possa prevenire l’emergenza di resistenze più efficacemente rispetto agli inibitori della tirosin-chinasi singoli. La prospettiva futura è integrare tale combinazione con Anticorpi Monoclonali Bispecifici come blinatumomab, al fine di migliorare ulteriormente le remissioni profonde e forse evitare nei pazienti più fragili e/o anziani procedure terapeutiche più intensive come il trapianto allogenico.

Fonte

Blood 2025 Feb 6;145(6):577-589

https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/39374521/

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