Leucemia mieloide acuta con mutazione NPM1: uno studio randomizzato di fase 3

La leucemia acuta mieloide (LAM) è una patologia caratterizzata dalla presenza di diverse mutazioni e proteine presenti sulle cellule malate. E tali alterazioni stanno sempre più diventando bersagli di farmaci “target”, i quali vengono aggiunti alla chemioterapia tradizionale nella cura dei pazienti.

Uno di questi farmaci è il gentuzumab ozogamicin (abbreviato GO), anticorpo monoclonale diretto contro l’antigene CD33 espresso dalle cellule leucemiche. Il GO è legato alla calicheamicina, che entra nelle cellule malate e causa danni irreversibili al loro DNA, portandole alla morte.

GO per ridurre il rischio di recidive nei pazienti giovani

Recenti studi hanno analizzato l’efficacia dell’aggiunta del GO alla chemioterapia ad alte dosi nei pazienti con LAM alla diagnosi. Uno di questi è stato recentemente pubblicato su Lancet Haematology; in particolare, gli autori hanno analizzato l’efficacia dell’aggiunta o meno del GO nei pazienti con LAM che hanno la particolare mutazione della nucleofosmina-1 (NPM1), mutazione presente fino al 30% dei pazienti e che si associa particolarmente all’espressione di CD33.

Questo studio multicentrico di fase 3 ha randomizzato pazienti con età ≥18 anni a ricevere o meno GO (alla dose di 3 mg/m 2 il primo giorno di chemioterapia) associato a idarubicina, citarabina, etoposide e acido all-trans retinoico (ATRA), seguita dai consolidamenti. Un totale di 588 pazienti è stato randomizzato a ricevere chemioterapia con GO (292 pazienti) o senza (296 pazienti). Lo studio non ha però raggiunto il suo obiettivo primario, cioè dimostrare una differenza significativa di sopravvivenza fra i due bracci di terapia; infatti, la sopravvivenza globale a 2 anni è risultata di 73% nel braccio con GO e di 69% nel braccio standard. Anche i tassi di remissione completa non sono risultati statisticamente differenti (86% nel braccio GO e 90% nel braccio standard).

Al contrario, i ricercatori hanno riscontrato una differenza nell’incidenza cumulativa di recidiva nel tempo fra i due bracci, a favore del braccio con GO (recidiva del 25% a 2 anni rispetto al 37% nel braccio standard). Tale vantaggio si è visto soprattutto nei pazienti giovani (18-60 anni), che tollerano meglio gli effetti tossici della terapia rispetto ai più anziani.

Gli effetti collaterali sono risultati essenzialmente gli stessi con l’aggiunta o meno di GO, in particolare neutropenia febbrile, piastrinopenia e infezioni, con una mortalità relata alla terapia del 3% nel braccio standard e del 6% nel braccio GO.

I ricercatori concludono quindi che, nonostante l’obiettivo primario dello studio riguardo la sopravvivenza non sia stato raggiunto, l’aggiunta del GO alla terapia standard nei pazienti con LAM con mutazione NPM1 riduce il rischio di recidive nei pazienti giovani, e dovrebbe essere considerato nella scelta della terapia. Studi con GO in associazione ad altri tipi di chemioterapia di induzione potranno confermare o meno questi risultati.

Referenze bibliografiche
Lancet Haematol. 2023 Jul;10(7):e495-e509
https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/37187198/

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