Brentuximab vedotin e nivolumab per il linfoma di Hodgkin
Uno studio multicentrico statunitense di fase 2, ha valutato un approccio combinato di immunoterapia e Brentuximab Vedotin, un anticorpo monoclonale anti-CD30, nei pazienti recidivanti con Linfoma di Hodgkin già sottoposti a trapianto autologo.
Immunoterapia per i pazienti con recidiva
Il linfoma di Hodgkin è una malattia a prognosi generalmente favorevole, con buona risposta ai trattamenti chemio- e radioterapici. In alcuni pazienti la malattia può non rispondere al trattamento iniziale o ripresentarsi dopo un’apparente risposta poco tempo dopo la fine della terapia. In questi casi ad alto rischio, la strategia attuale consiste nel trattare il paziente con una chemioterapia alternativa alla precedente e in caso di risposta ottimale (remissione completa) somministrare chemioterapia ad alte dosi per eliminare la maggior parte di cellule malate possibile, seguita dal trapianto autologo di cellule staminali.
Questa terapia risulta efficace a lungo termine in circa il 50% dei malati, ma una parte di essi presenta una recidiva di malattia più o meno precoce dopo il trapianto autologo. Con lo scopo di ridurre il numero di recidive dopo il trapianto uno degli approcci studiati per aumentare la sopravvivenza libera da malattia in tali pazienti ad alto rischio è somministrare un’immunoterapia con il Brentuximab Vedotin, un anticorpo monoclonale anti-CD30, dopo il trapianto autologo per 16 somministrazioni totali ogni 21 giorni. Questa procedura si è dimostrata favorevole nel ridurre il numero di recidive rispetto a un gruppo di pazienti che non faceva l’anticorpo (studio AETHERA).
Lo studio
Per migliorare ulteriormente il risultato, uno studio multicentrico statunitense di fase 2, recentemente pubblicato su Lancet Haematology, ha analizzato la combinazione di Brentuximab Vedotin + Nivolumab (un inibitore della via PD1, molto attiva nel linfoma di Hodgkin) fino a un totale di 8 cicli dopo il trapianto autologo. L’obiettivo era di verificare se tale strategia aumentasse la sopravvivenza libera da malattia (riducendo il numero di recidive) a 18 mesi nei pazienti con linfoma di Hodkgin ad alto rischio. Inoltre, gli autori si sono concentrati sulle potenziali tossicità del trattamento combinato, considerando che i pazienti potevano continuare anche con uno solo dei due farmaci, in caso di comparsa di effetti collaterali.
In tutto, 59 pazienti con linfoma di Hodgkin classico ad alto rischio hanno ricevuto Brentuximab Vedotin (1,8 mg/kg) + Nivolumab (3 mg/kg); i pazienti erano giovani (età mediana 30 anni, IQR 23-39); la metà di essi è riuscita a completare 8 cicli con entrambi i farmaci, e il 76% ha completato 8 cicli con almeno uno dei due farmaci. La sopravvivenza libera da malattia a 18 mesi è risultata del 94%; con un follow-up mediano di più di 2 anni, è stata del 92% e la sopravvivenza globale del 98%.
Per quanto riguarda gli effetti collaterali severi, i più frequenti sono risultati la neuropatia sensoriale periferica (31 pazienti) e la neutropenia (25 pazienti); gli effetti collaterali immuno-mediati con necessità di terapia steroidea – frequenti durante l’immunoterapia con gli inibitori di PD1 – si sono verificati in 17 pazienti (29%); questa percentuale è risultata più alta rispetto a quando l’associazione è stata usata come terapia prima del trapianto di midollo autologo.
Gli autori concludono che il trattamento combinato Brentuximab-Nivolumab post-trapianto autologo si è dimostrato attivo ed efficace nel setting di pazienti ad alto rischio di recidiva; sottolineano inoltre che la maggior parte di essi aveva già ricevuto tali terapie prima del trapianto autologo (Brentuximab nel 51% dei pazienti e Nivolumab nel 42%). Un’attenta selezione dei pazienti è però necessaria per mitigare gli effetti tossici delle terapie e sarà per questo necessario confermare i dati in uno studio più grande randomizzato di fase 3.
Referenze bibliografiche
Lancet Haematol 2023 Jan;10(1):e14-e23
https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/36403579/