ASH 2024: il report del Children’s Oncology Group sul trial di fase 3 AAML1831

Il congresso annuale dell’American Society of Hematology (ASH) è l’appuntamento più importante per chi fa ricerca clinica nel settore delle malattie oncologiche del sangue e anche per i pazienti. Nell’ultimo congresso, del dicembre 2024, sono stati presentati diversi studi e analisi importanti come il report del Children’s Oncology Group sul trial di fase 3 AAML1831, sulla leucemia mieloide acuta nel bambino, che andremo ad analizzare. Scopri di più.

Trial di fase 3 AAML1831

La leucemia mieloide acuta è una forma aggressiva di tumore del sangue che colpisce soprattutto i bambini e i giovani adulti. Nonostante i progressi nel trattamento, la sopravvivenza per questi pazienti ha raggiunto un plateau, rendendo necessarie nuove strategie terapeutiche. Il farmaco denominato CPX-351 è una formulazione liposomiale che migliora la distribuzione e la durata dell’effetto della citarabina e della daunorubicina rispetto ai farmaci liberi. Gemtuzumab ozogamicin è un anticorpo farmaco coniugato a una tossina che si lega al CD33, un antigene presente sulla superficie delle cellule leucemiche. Lo studio AAML1831 è stato progettato per verificare se l’inclusione del CPX-351 potesse offrire benefici rispetto alla chemioterapia standard con gemtuzumab ozogamicin.

Lo studio AAML1831 del Children’s Oncology Group

Al congresso ASH 2024 sono stati presentati i risultati dello studio di fase 3 AAML1831, condotto dal Children’s Oncology Group, che confronta due diversi regimi di terapia di induzione nei pazienti con leucemia mieloide acuta: uno basato sulla chemioterapia standard con gemtuzumab ozogamicin e l’altro con CPX-351. L’obiettivo era valutare se l’uso di CPX-351 migliorasse i risultati di sopravvivenza e riducesse le tossicità a lungo termine.

Lo studio ha coinvolto 721 pazienti di età inferiore ai 22 anni con leucemia mieloide acuta de novo (cioè diagnosticata per la prima volta). I pazienti con mutazioni di FLT3 non sono stati inclusi nell’analisi principale.

I pazienti sono stati assegnati a due gruppi: il gruppo A è stato trattato con citarabina, daunorubicina e gemtuzumab ozogamicin nell’induzione 1, seguito da citarabina e daunorubicina nell’induzione 2; il gruppo B è stato trattato con CPX-351 somministrato nei giorni 1, 3 e 5 dell’induzione 1, con aggiunta di gemtuzumab ozogamicin il giorno 6. Lo schema è stato ripetuto anche nell’induzione 2.

Dopo l’induzione 1 i pazienti sono stati stratificati in tre categorie di rischio. I pazienti a basso rischio hanno ricevuto 4 o 5 cicli di chemioterapia, mentre quelli ad alto rischio sono stati sottoposti a trapianto di cellule staminali ematopoietiche dopo 2-3 cicli.

I gruppi A e B erano simili per età, sesso, etnia e caratteristiche genetiche, con due eccezioni: il gruppo A aveva un tasso più elevato di inversione del cromosoma 16 e meno coinvolgimento del sistema nervoso centrale rispetto al gruppo B.

Al termine dell’induzione 1 la malattia minima residua era simile in entrambi i gruppi: 23%. E a 2 anni dall’inizio dello studio, la sopravvivenza libera da eventi era del 60,9% nel gruppo A (terapia standard con gemtuzumab ozogamicin) e del 51,2% nel gruppo B (CPX-351 con gemtuzumab ozogamicin): la differenza è stata considerata statisticamente significativa.

La sopravvivenza globale a 2 anni non ha però mostrato differenze significative tra i gruppi (75,5% nel gruppo A e 74,5% nel gruppo B).

I risultati per i pazienti ad alto rischio sono risultati sovrapponibili nei due bracci, mentre la sopravvivenza libera da eventi è risultata significativamente minore e il tasso di recidiva maggiore per i pazienti a basso rischio del braccio B.

Nel gruppo B si sono peraltro osservate maggiori tossicità durante l’induzione 2, in particolare infezioni di grado 3 (27,2% rispetto a 7,4%) e sepsi di grado 3 (5,1% rispetto a 3,5%). Tuttavia, non si è osservato un aumento della mortalità legata al trattamento.

Conclusione

Lo studio è stato interrotto anticipatamente poiché non è stato raggiunto l’obiettivo principale di migliorare la sopravvivenza libera da eventi con CPX-351. La differenza nella sopravvivenza libera da eventi osservata è da attribuire soprattutto ai pazienti a basso rischio, soprattutto quelli trattati con 4 cicli di chemioterapia. L’efficacia inferiore del CPX-351 nel gruppo B può essere attribuita a diversi fattori, tra cui un aumento delle tossicità durante l’induzione 2 e una durata più lunga dei cicli, che potrebbe aver ritardato il recupero dei pazienti. Ulteriori analisi sono in corso per identificare altri elementi che possano aver contribuito a tali risultati.

 Fonte: ASH 2024: P967.

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