Leucemia linfoblastica acuta Ph- nel paziente anziano

Il trattamento della leucemia linfoblastica acuta (ALL, acute lymphoblastic leukemia)) cromosoma Philadelphia-negativa (Ph- neg) negli anziani è complesso, con risultati generalmente scarsi usando la sola chemioterapia convenzionale. Scopri i risultati dello studio EWALL-INO sui nuovi approcci terapeutici per questi pazienti.

LLA con cromosoma Ph-

Il trattamento della leucemia linfoblastica acuta (ALL, acute lymphoblastic leukemia)) cromosoma Philadelphia-negativa (Ph- neg) negli anziani è complesso, con risultati generalmente scarsi usando la sola chemioterapia convenzionale. L’antigene di superficie CD22 è espresso dalla maggior parte dei pazienti con ALL caratterizzata da precursori delle cellule B (BCP, B-cell precursor), il cui acronimo è ALL BCP Ph-neg , e rappresenta l’obiettivo ideale per l’immunoterapia. Inotuzumab ozogamicina è un anticorpo monoclonale coniugato a una tossina che si lega al CD22, approvato per le forme recidivanti o refrattarie di ALL BCP Phneg. In questo trial è stato studiato il suo impiego come trattamento di prima linea in combinazione con una chemioterapia a bassa intensità nei pazienti di età uguale o superiore a 55 anni.

Lo studio EWALL-INO

Lo studio EWALL-INO è un trial prospettico, multicentrico, open-label di fase II, condotto in 33 centri in Europa. Ha coinvolto 131 pazienti con età  mediana di 68 anni (range, 55-84). Tutti i pazienti avevano diagnosi di ALL BCP Phneg CD22+ senza coinvolgimento del sistema nervoso centrale. La terapia prevedeva due cicli di induzione con inotuzumab ozogamicina e chemioterapia seguiti da sei cicli di consolidamento e un trattamento di mantenimento di 18 mesi. Il trapianto allogenico era permesso dopo tre cicli di consolidamento. L’obiettivo principale era valutare la sopravvivenza globale a un anno, mentre gli obiettivi secondari comprendevano la mortalità durante i cicli di induzione, la remissione completa e la valutazione della malattia minima residua (MRD) dopo l’induzione, l’incidenza cumulativa della recidiva, la sopravvivenza libera da eventi e la sopravvivenza libera da recidiva.

 I risultati dello studio

Dopo i due cicli di induzione, il 90% dei pazienti ha raggiunto una remissione completa o una remissione completa con recupero incompleto delle piastrine. Inoltre, l’80% dei pazienti ha mostrato un livello di malattia residua minima estremamente basso, un indicatore chiave di prognosi positiva. Con una mediana di 33.1 mesi dei pazienti sopravviventi, la sopravvivenza globale è stata del 73% a 1 anno, raggiungendo l’obiettivo primario del trial, e del 55% al secondo anno. Con una mediana di 20,6 mesi, la sopravvivenza libera da eventi a 1 e  2 anni è stata del 64% e 46% rispettivamente. Per i 10 pazienti sottoposti a trapianto allogenico, la sopravvivenza globale e la sopravvivenza libera da recidiva sono state entrambe del 90%, un solo paziente è deceduto per graft versus host disease e non si è osservata nessuna recidiva di malattia.

Gli eventi avversi sono risultati gestibili e paragonabili ad altre terapie per pazienti anziani: durante il primo ciclo di induzione, tre pazienti sono deceduti per complicazioni legate a infezioni o insufficienza multiorgano. Gli eventi avversi più comuni includevano neutropenia e infezioni, sebbene fossero meno gravi durante il secondo ciclo di induzione. In particolare, la neutropenia di grado 4 e la trombocitopenia di grado 3-4 si sono verificate rispettivamente nell’87 e nel 100% dei pazienti durante l’induzione 1 e nel 22% e 12% dei pazienti durante l’induzione 2.

Le anomalie citogenetiche ad alto rischio, come il riarrangiamento del gene KMT2A, sono state associate a una peggiore sopravvivenza e a un rischio maggiore di recidiva. Una maggiore espressione di CD22 (≥70%) è stata correlata a una sopravvivenza migliore.

Le conclusioni e le prospettive

Questo studio, pubblicato sul Journal of Clinical Oncology, rivista dell’American Society of Clinical Oncology, è il più grande condotto finora per valutare l’uso di inotuzumab ozogamicina in combinazione con chemioterapia a bassa intensità come trattamento di prima linea per anziani con ALL BCP Ph- CD22+. I risultati mostrano che tale combinazione è altamente efficace e ben tollerata, con tassi di remissione e sopravvivenza superiori rispetto ai regimi standard di chemioterapia. La bassa incidenza di tossicità severa suggerisce che il trattamento può essere somministrato con successo a una popolazione vulnerabile.

In conclusione, questo studio dimostra che dosi frazionate di inotuzumab ozogamicina in associazione a chemioterapia a bassa intensità rappresentano una terapia di prima linea molto efficace e ben tollerata nei pazienti anziani con ALL BCP Ph- CD22+. Se confermata in uno studio prospettico di fase III, tale associazione potrebbe essere considerata un nuovo standard di cura per questa popolazione.

 

Fonte

J Clin Oncol. 2024 Oct 17:JCO2400490. Epub ahead of print.

https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/39418626/