Finanzia la ricerca sulle malattie rare con il tuo 5X1000

Grazie al tuo aiuto AIL può sostenere ogni anno la ricerca sulle malattie rare, quelle patologie meno comuni e ancora poco conosciute, come l’lstiocitosi a cellule di Langerhans (ICL).

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L’lstiocitosi a cellule di Langerhans (ICL) è una patologia ematologica rara che colpisce in prevalenza i bambini. Più raramente viene riscontrata nell’adulto e in questi casi è difficile da diagnosticare e da trattare, perché ancora poco conosciuta. Grazie al sostengo di AIL, il Gimema, Gruppo Italiano malattie ematologiche dell’adulto, ha avviato il primo studio in Italia che mira a standardizzare gli approcci diagnostici e terapeutici nei pazienti adulti affetti da ICL.

Abbiamo intervistato la Dottoressa Fiorina Giona, Ematologa presso il Dipartimento di Medicina Traslazionale e di precisione, Sapienza Università di Roma e Referente scientifico dello studio, per capirne l’importanza e l’impatto sulla vita dei pazienti.

Cos’è l’lstiocitosi a cellule di Langerhans (ICL) e quanto è comune come malattia?

Questa malattia è una patologia rara che deriva da una anomala proliferazione ed accumulo di particolari cellule, gli istiociti, che vengono chiamate anche cellule di Langerhans. Gli istiociti sono normalmente presenti in molti tessuti dell'organismo e svolgono un'importante funzione nella difesa dalle infezioni in collaborazione con le cellule del sistema immunitario.

Generalmente l’ICL colpisce i bambini, con un’incidenza annuale stimata tra i 3 e i 9 casi per milione/anno in soggetti di età inferiore ai 15 anni. La malattia interessa meno frequentemente gli adulti e in questi soggetti, poiché colpisce diversi organi con sintomi non sempre semplici da interpretare da parte degli specialisti, è ancora difficile stimare con chiarezza l’incidenza e anche il miglior approccio terapeutico. Ecco perché in Italia nasce lo studio del Gimema RD0120, che mira proprio a migliorare la conoscenza di questa malattia nei pazienti che alla diagnosi hanno più di 18 anni.

Quali sono gli obiettivi dello studio di cui lei è referente?

I pazienti pediatrici hanno beneficiato di cure mirate già dagli inizi anni ’80 con studi collaborativi nazionali. Nel corso del tempo l’approccio terapeutico nei bambini è migliorato notevolmente anche grazie a studi clinici internazionali. L’ obbiettivo di questo studio Gimema è avviare lo stesso percorso per i pazienti adulti, iniziando dall’Italia. I dati che si otterranno potranno permettere una migliore conoscenza delle caratteristiche della malattia nell’adulto e quindi di standardizzare o ipotizzare un approccio diagnostico e terapeutico comune in questi soggetti. Lo studio è estremamente importante proprio perché riusciremmo per primi ad avere un quadro reale di come vengono trattati gli adulti con ICL in Italia.

Ad oggi, molti soggetti over 18 con ICL vengono trattati con protocolli pediatrici, anche se, come evidenziato da studi precedenti, è ben noto che nell’adulto la malattia ha caratteristiche e un andamento clinico completamente diversi rispetto al bambino e le terapie somministrate al soggetto pediatrico, non sono molto efficaci.  In molti centri italiani, soprattutto quelli afferenti al GIMEMA, invece, il paziente over 18 con ICL è trattato con delle linee guida specifiche per i pazienti adulti, proposte nel 2001, e di cui vogliamo valutare i risultati.

Inoltre, in questi ultimi anni, la ricerca di laboratorio ha permesso di individuare alterazioni genetiche acquisite, che sono presenti in alcuni pazienti e che sono alla base di questa malattia. Queste scoperte hanno avuto e continuano ad avere dei risvolti clinici importanti grazie alla possibilità di formulare dei farmaci target, cosiddetti intelligenti, che vanno a bloccare le alterazioni genetiche particolari.

Rari non vuol dire soli. Perché la ricerca sulle malattie rare è importante?

Innanzitutto, è importante che quelli che hanno una malattia rara siano consapevoli che la ricerca scientifica, soprattutto quella indipendente, ha come obiettivo il miglioramento della cura di tutti i pazienti, senza lasciare indietro nessuno. Partecipare a uno studio, come lo studio del Gimema RD0120, significa contribuire ad allargare le conoscenze e a migliorare il trattamento a tanti pazienti con la stessa malattia.

E questo vale per tutti gli studi riguardanti qualsiasi malattia, soprattutto quelle rare, perché, la ricerca malattie rare può essere un modello per patologie più frequenti.

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