La storia di Laura, psicologa

    La storia di Laura, psicologa

    Mi chiamo Laura e da diversi anni sono consulente della sezione AIL di Verona.

    Presto servizio in qualità di psicologa, presso l’U.O.C. di Ematologia dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata - Verona.

    Il mio lavoro, svolto in sinergia con una collega, consiste nell’entrare in contatto con persone che, a seguito di diagnosi di malattia ematologica, affrontano uno dei momenti più dolorosi e delicati della loro vita, che li porta ad affrontare un percorso sconosciuto, lungo e complicato sia dal punto di vista delle terapie fisiche che dal punto di vista emotivo e psicologico.

    Il mio ruolo aiuta e facilita la comunicazione tra i diversi "attori" coinvolti nella malattia (paziente, familiare e operatore sanitario) e permette loro di accogliere e comprendere nel miglior modo possibile quanto sta accadendo.

    Essere presente nel percorso integrato di cura - in particolare nella fase terminale - aiuta la persona malata a recuperare e conservare la propria integrità e dignità.

    L’incontro con pazienti e familiari si rivela ogni volta un momento unico e speciale; ciascuna di queste persone, infatti, per quanto provata, affronta l'incognita della malattia e del percorso di cura con grande forza e coraggio.

    Offrire uno spazio di ascolto e di vicinanza, dove potersi raccontare senza alcun timore del giudizio e dove condividere emozioni difficili e dolorose, cura l’anima e collabora in modo prezioso con il personale sanitario a "medicare il corpo ferito".

    Tante volte ho potuto sperimentare come mente e corpo siano entità inevitabilmente incluse l’una dentro l’altra: come l’anima indebolisce il corpo, il fisico lacera la mente provata. Tale legame induce a considerare il mio lavoro più che un intervento di cura e di supporto, come un percorso unico, ricco e intimamente accrescitivo.

    Rare volte entro in contatto con situazioni dove la comunicazione è faticosa o quasi impossibile, dove i conflitti di una vita incontrano l’evento malattia, rendendo difficile uno spazio di condivisione e di aiuto. Nella maggior parte dei casi rimango colpita dalla generosità delle persone nel raccontarsi e nel rendermi depositaria dei loro pensieri, delle loro emozioni e dei loro vissuti.

    Mi considero una persona fortunata. Da quando è iniziata la mia collaborazione con AIL ho avuto la possibilità di approfondire le mie riflessioni sul senso della vita. Esprimo profonda gratitudine alla vita, al fatto che è preziosa in ogni momento! Ringrazio la generosità d’animo di chi ho incontrato, e gioisco quando vedo la forza di un corpo che, profondamente ferito, rinasce e riconquista la propria normalità; se ciò accade vi è armonia, se la sofferenza rimane, va comunque riconosciuta e accolta.

    Ritengo che proprio nei momenti bui, quando il dolore, la paura e la fatica paralizzano la speranza, sia necessario riconoscere l’ineluttabilità della vita e lasciare spazio a ciò si può e si deve ancora vivere, nonostante tutto.

    A tal riguardo, mi piace condividere con Voi un proposito, per me prezioso ed ormai irrinunciabile: non si deve temere di cercare la presenza e l'affetto in chi ci sta accanto, né smettere mai di farlo, cercando sempre in sé il proprio valore e la propria forza vitale. Si tratta di risorse che talvolta non sappiamo di avere, invece loro sono lì ad aspettare il momento in cui mostrarsi.

    Alle volte, quando termino il lavoro, per quanto possa avvertire la fatica, permane la profonda convinzione che la vita debba essere vissuta con valore fino alla fine. Il contatto con la sofferenza, talvolta insostenibile, si traduce in possibilità che illumina un ricco sentiero davanti a me.

    Non nego che la stanchezza e lo sconforto talvolta accompagnano il mio divenire, e la tentazione di cambiare strada è presente. Nonostante ciò, mi basta ripensare alla luce negli occhi delle persone che accompagno nel loro percorso di cura, o al modo con cui le loro mani stringono le mie, per farmi sentire utile e pensare che il percorso professionale che ho intrapreso è l’unico vero cammino che io possa percorrere.

    Ringrazio l’AIL, ringrazio i pazienti ed i loro familiari, ringrazio chi ha donato un tempo e ha dato spazio alla cura.

    Grazie a questo tempo e a questo luogo ho visto crescere la mia umanità, ho imparato a dare una diversa priorità a ciò che davvero conta nella mia vita personale e professionale, ma soprattutto ho imparato ad apprezzare le piccole cose che la quotidianità mi regala in ogni istante, soprattutto negli affetti.

    Laura

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